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FAQ: Le psicopatologie

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Le psicopatologie

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Quali sono i sintomi dell’ansia?

L’ansia è un termine “ombrello” che definisce svariate situazioni cliniche. Il DSM-5, che è il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali (APA, 2014), elenca i diversi disturbi. I più frequenti sono:

  • Fobia specifica.
  • Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale).
  • Disturbo di panico.
  • Agorafobia.
  • Disturbo d’ansia generalizzata.

Frequentemente quando si parla di “attaccco di panico” ci si riferisce all’insorgenza di una sintomatologia variegata che comprende: palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia, aumento della sudorazione, tremori fini o a grandi scosse, dispnea o sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazioni di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento, brividi o vampate di calore, parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio), derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi), paura di perdere il controllo o “impazzire” e paura di morire. I sintomi dell’ansia in questione compaiono tra i criteri diagnostici del Disturbo di Panico nel DSM-5, quindi non necessariamente si presentano in tutti i pazienti che soffrono di ansia e comunque possono declinarsi diversamente a seconda della persona in questione.

Per approfondire visitare la pagina: I disturbi d’ansia.

Quali sono i sintomi della depressione?

Quando si parla di “depressione” nel linguaggio quotidiano, e anche in contesti clinici, si fa riferimento al disturbo depressivo maggiore (DSM-5, APA, 2014). Tale disturbo è caratterizzato dai seguenti sintomi: un umore depresso e/o una diminuzione di interesse e/o piacere per le attività quotidiane (tra cui anche diminuzione del desiderio sessuale). Generalmente insorgono emozioni di tristezza profonda e continua, disperazione, apprensione, rabbia, apatia. La persona può sentirsi emotivamente labile con facilità al pianto, emergono pensieri eccessivi di autosvalutazione e colpa e calo di autostima. Nel disturbo depressivo maggiore può essere presente anche ideazione suicidaria. Con la deflessione del tono dell’umore variano anche i livelli di energia fisica, faticabilità, la qualità del sonno e  dell’appetito. Nella quotidianità la persona può percepire maggiore faticabilità e sensazione di stanchezza, una marcata difficoltà nella concentrazione e indecisione nell’affrontare le proprie incombenze o semplici azioni quotidiane. A volte è presente una ricorrente ruminazione e/o rimuginio. Inoltre anche la diminuzione o l’aumento di peso corporeo e dell’appetito, così come ipersonnia o insonnia sono sintomi che possono insorgere in un quadro di depressione.

Per approfondire visitare la pagina: I disturbi depressivi.

Quando si parla di disturbo del comportamento alimentare?

I disturbi del comportamento alimentare più frequenti, tra quelli elencati nel DSM-5 (APA, 2014), sono:

  • Anoressia nervosa.
  • Bulimia Nervosa.
  • Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge-Eating Disorder).

Nel caso dell’anoressia nervosa persiste un comportamento di restrizione nell’assunzione di calorie e il peso corporeo è significativamente basso. Solitamente la persona prova intensa paura di ingrassare e vi è un’alterazione della rappresentazione mentale del proprio corpo. Si possono presentare episodi di abbuffate con condotte di eliminazione. La principale differenza tra l’anoressia e la bulimia nervosa è che nella seconda il peso corporeo è nei limiti della norma. Nel caso del disturbo da alimentazione incontrollata si verificano abbuffate che, a differenza dei due disturbi precedenti, non sono seguite da condotte di eliminazione.

L’obesità non rientra nelle categorie diagnostiche del manuale diagnostico, ma risulta evidentemente un problematica per la prsona che ne soffre e ha l’urgenza di essere trattata a livello sia medico sia psicologico.

Ci sono persone che, senza rientrare in una categoria diagnostica, fanno fatica a mantenere una dieta alimentare. Durante i colloqui ci si pone l’obiettivo di capire le motivazioni e i significati, strattamente personali, di tale comportamento.

Per approfondire visitare la pagina: I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

Quando si è dipendenti dall’alcol o da altre sostanze?

Il DSM-5 (APA, 2014) dedica una sezione ai disturbi correlati a sostanze. In tale manuale, rispetto alle edizioni precedenti, scompare la distinzione tra abuso e dipendenza, a favore di un unico disturbo modulato in un continuum su tre livelli di gravità. Compare invece per la prima volta fra i criteri di identificazione del disturbo da dipendenza il concetto di craving (letteralmente significa fame, indica il forte desiderio di utilizzare la sostanza).

Sono aggruppate undici classi di disturbi correlati a sostanze: alcool, caffeina, cannabis, allucinogeni, inalanti, oppiacei, sedativi/ipnotici/ansiolitici, stimolanti, tabacco, altre sostanze.

L’abuso si configura quando la sostanza viene utilizzata attraverso una modalità patologica, caratterizzata da segni di intossicazione, dall’incapacità a interromperne l’uso nonostante la presenza di problemi sociali, interpersonali o legali causati dagli effetti della sostanza con conseguente compromissione delle attività sociali e professionali. Per porre diagnosi il disturbo deve essere presente periodicamente durante un periodo di dodici mesi.

L’intossicazione si ha per esposizione o ingestione recente di una sostanza, è reversibile ed è specifica per ogni composto e correlata al dosaggio, alla durata dell’esposizione alla sostanza e alla tolleranza del soggetto. Si caratterizza per la comparsa di modificazioni comportamentali quali: alterazioni dell’umore, del pensiero, delle percezioni, della vigilanza, dell’attenzione, dell’attività psicomotoria, della capacità critica e del funzionamento sociale e lavorativo.

Si definisce dipendenza l’assunzione persistente di sostanze allo scopo di prevenire o diminuire i sintomi d’astinenza fisici o psichici. La definizione di dipendenza include i fenomeni della tolleranza e dell’astinenza, ma contiene un’ulteriore componente comportamentale (craving). La dipendenza fisica si riferisce alla tolleranza fisica e ai sintomi astinenziali.
Durante i colloqui si cerca insieme al paziente di comprendere i significati personali dell’utilizzo della/e sostanza/e. Questo accade trovando delle modalità di “esistere altrimenti”, senza dover assumere la/e sostanza/e.
Per approfondire visitare la pagina: I disturbi correlati a sostanze.

Qos’è la dipendenza da gioco d’azzardo?

Il gioco d’azzardo è compreso nella sezione del DSM-5 (APA, 2014) sulle dipendenze. Non tutti gli individui che giocano d’azzardo sviluppano una forma patologica di dipendenza. La persona dipendente può presentare:
  • Preoccupazioni relative al gioco (per esempio, è preoccupato di rivivere passate esperienze di gioco d’azzardo, o sta pensando a come ottenere il denaro per giocare).
  • Ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori al fine di ottenere l’eccitazione desiderata.
  • Fa ripetuti sforzi per controllare o limitare le attività di gioco o di smettere di giocare è inquieto, o irritabile.
  • Quando cerca di limitare le attività di gioco, o di smettere di giocare.
  • Gioca per sfuggire ai problemi, o per alleviare uno stato d’animo disforico (per esempio, sensazioni di impotenza, colpa, ansia,
  • depressione).
  • Dopo aver perso denaro al gioco, spesso torna per rivincerlo (“inseguendo” le proprie perdite).
  • Mente ai membri della famiglia, al terapeuta o ad altre persone, per nascondere l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo.
  • Ha commesso reati, quali falso, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il proprio gioco d’azzardo.
  • Ha compromesso, o perso, una relazione affettiva importante, il lavoro, o delle opportunità di studio e carriera, a causa del gioco.
  • Conta su altre persone perché gli procurino il denaro necessario a sanare una situazione finanziaria che è diventata disperata a causa del gioco d’azzardo.

Durante i colloqui si cerca insieme al paziente di comprendere i significati personali del gioco e ridurne la necessità. Questo accade trovando delle modalità di “esistere altrimenti”, senza dover giocare.

Nel DSM-5 (APA, 2014) il disturbo da gioco d’azzardo è descritto all’interno della sezione inerente ai disturbi correlati a sostanze. Per approfondire visitare la pagina: I disturbi correlati a sostanze.

Quali sono le disfunzioni sessuali maschili e femminili?

La classificazione dei disturbi sessuali, all’interno del DSM-5 (2014), prevede la distinzione in disfunzioni sessuali femminili e maschili.
Le disfunzioni sessuali femminili sono:
  • Disturbo dell’orgasmo femminile.
  • Disturbo del desiderio sessuale e dell’eccitazione sessuale femminile.
  • Disturbo del dolore genito-pelvico e della penetrazione (che comprende dispareunia e vaginismo).

Le disfunzioni sessuali maschili sono:

  • Eiaculazione ritardata.
  • Disturbo erettile.
  • Disturbo del desiderio sessuale ipoattivo maschile.
  • Eiculazione precoce.

Ogni disturbo può essere: permanente, se presente sin dalle prime esperienze sessuali; acquisito, se si sviluppa dopo un periodo di prestazioni sessuali relativamente normali; situazionale, se la difficoltà sessuale si verifica solo in alcune situazioni e con uno/a specifico/a partner.

L’obiettivo del percorso psicologico è quello di comprendere i significati personali di tali disfunzioni, al fine di risolvere la problematica.

Per approfondire visitare la pagina: Le disfunzioni sessuali.

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