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Percepire il tempo: coronavirus e psicopatologia

"Più in alto della realtà si trova la possibilità" Heidegger

Percepire il tempo: coronavirus e psicopatologia

Tutte e tre le dimensioni del tempo, passato, presente e futuro, possono essere colorate affettivamente in maniera molto differente, e la relazione che instauriamo con esse condiziona il nostro benessere, addirittura può determinare disturbi psicologici.

Ed ecco che il sentirsi prigionieri nel passato, un passato che diventa sempre presente insieme all’assenza di un progetto futuro possono coincidere con un disturbo depressivo: il tempo non è più vissuto, ma subìto. Il tempo pare non passare mai.
Altri disturbi psicologici connessi alla dimensione del passato sono quelli derivanti da traumi: essi interferiscono nella linearità nel tempo creando una ciclicità per la quale rimaniamo bloccati a situazioni antiche che si riattualizzano, senza possibilità di imparare dall’esperienza e di determinare un cambiamento di vita

Viceversa, nelle persone che soffrono di disturbi d’ansia, si ha la perdita della dimensione del passato e la focalizzazione sul futuro e su ciò che esso porterà: è l’intolleranza dell’incertezza, l’incapacità di sopportare la possibilità che nel futuro si possano verificare eventi inaspettati. L’ansioso rimugina sul futuro, vive nel futuro, proteso in avanti in un’anticipazione dei fatti temuti. Ecco l’ansia anticipatoria. Le possibilità di vita in cui ci si proietta sono molte e la scelta diventa difficile se non impossibile. Ancora una volta ci si trova in stallo. Il tempo è fagocitante, passa troppo velocemente.

E chi vive nel presente? È ancorato alla realtà, adeguato, equilibrato? Dipende. Per quanto riguarda la psicopatologia siamo nel campo della mania: chi si trova in stato maniacale è “tutto presente”. Non radicato nel passato e non proiettato al futuro, facilmente prende iniziative che poi non vengono portate a termine, e con la medesima facilità partorisce idee non vengono coerentemente seguite. È continuo procedere senza origine e senza meta.

Inoltre
c’è chi vive con un attivismo estremo, vuole fare tutto, farlo bene, possibilmente da solo, senza delegare o chiedere aiuto: la frenesia come stile di vita. Il perfezionismo è una caratteristica secondo medesimezza. Questo approccio alla quotidianità conduce spesso a manifestazioni psicologiche come frustrazione cronica, senso di inadeguatezza, nervosismo ed irritabilità, pigrizia, senso di vuoto o ansia quando si ha del tempo libero, oltre a sintomi somatici come disturbi gastrici e digestivi, mal di testa, cali di pressioni improvvisi, disturbi del sonno.

Saturare il tempo permette di non sentire le emozioni ed evitare il contatto con noi stessi, di non essere esposti al peso della riflessione. La fretta aiuta a rimanere sulla superficie delle cose, nell’illusione di poter evitare di porci la domanda: “Come mi sento?”.

Ma allora durante e dopo il lockdown come si è declinato e si declinera il rapporto con il tempo?

Il tempo, per alcuni nei giorni di lockdown non sembrava passare mai, mentre per altri è passato velocissimo. Il tempo anonimo e omogeneo di questi giorni, con lo scorrere sempre uguale delle lancette, non dice niente dell’intensità delle esperienze. Se vivevamo nel tempo che non c’era mai e non era mai abbastanza ci siamo ritrovati nell’eccesso di tempo. Questo per qualcuno può essere stato un momento piacevole per dedicarsi a ciò che si era lasciato indietro da parecchio. Per altri è stato un periodo in cui ci si è trovati, per forza, forse per la prima volta dopo anni, a chiedersi “come sto?”.

Come scrive Grossma:

Quando finalmente tutto finirà e le persone usciranno dalle proprie case dopo una lunga chiusura, si potrebbero presentare possibilità nuove e sorprendenti[…] Molti perderanno i loro cari. Molti perderanno il lavoro, il proprio sostentamento, la propria dignità.

Proprio questo crollo degli orizzonti d’attesa potrebbe slatentizzare un disturbo depressivo. Il passato diventa il protagonista. Il futuro si svuota di possibilità. Il lutto dei cari può non essere elaborato.

Ancora il disturbo acuto da stress che può strutturarsi un disturbo da stress post traumatico, può colpire coloro che sono stati esposti a eventi potenzialmente traumatici (si pensi al personale sanitario che ha lavorato in terapia intensiva distante il periodo emergenziale).
Seguendo ancora Grossman “quando l’epidemia finirà, potrebbero esserci anche persone che non vorranno tornare alla propria vita precedente. Alcuni – quelli che possono farlo, ovviamente – lasceranno il lavoro che per anni li ha soffocati e repressi. Alcuni decideranno di lasciare la propria famiglia. Separarsi dal proprio partner. Far nascere una nuova vita, oppure astenersi dal farlo. […] Alcuni inizieranno a credere in Dio. Ci saranno credenti religiosi che rinunceranno alla propria fede. Forse la consapevolezza della brevità e della fragilità della vita spingerà uomini e donne a stabilire un nuovo ordine di priorità. […] A capire che il tempo, non il denaro, è la loro risorsa più preziosa. Alcuni si porranno per la prima volta domande sulle decisioni prese, su ciò che hanno lasciato e sui compromessi che hanno fatto. Sugli amori che non hanno osato amare. Sulle vite che non hanno osato vivere.“

Ecco che il presente non ci appartiene più. La persona allora può riuscire a riposizionarsi velocemente secondo progetti configurati in modo più identitario, sentiti come propri. Ma se la persona non riesce a fare questo, qui può situarsi una frattura identitaria. Crollano progetti e collassano possibilità prima sentite come proprie. Ora non lo sono più. Questo può portare a disturbi somatici; d’ansia o depressivi.

Nel caso in cui vi siate accorti dell’esordio di un qualche sintomo durante la quarantena cercate l’aiuto di uno psicologo psicoterapeuta. La psicoterapia ha l’obiettivo di aiutare il paziente a “esistere altrimenti” percorrendo nuove strade esperienziali e costruendo nuovi progetti di sè.

 

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